Pandemia, vaccino, pass sanitario: per una posizione rivoluzionaria

Ho tradotto questa posizione di ActaZone perché mi è sembrata molto chiara e condivisibile sulla questione politica del “pass sanitario” o, come lo chiamiamo in Italia, il Green Pass. Mi sembra che il punto principale – non lasciarsi catturare dalla polarizzazione forzata sul vaccino – sia di estrema importanza. Questo scritto nasce naturalmente nel contesto francese ma credo che i riferimenti alla realtà locale non siano difficili da capire anche per chi non conosce la realtà francese.

Articolo originale qui: https://acta.zone/pandemie-vaccin-pass-sanitaire-pour-une-position-revolutionnaire/

È davvero difficile riuscire ad adottare una posizione politica chiara di fronte a un dibattito così tanto polarizzato, ridotto spesso a un mero conflitto tra “pro” e “anti” vax. Da una parte, si sta diffondendo un grande malcontento contro il pass sanitario e l’obbligo implicito alla vaccinazione, il che ha portato migliaia di persone in piazza in tutta la Francia. Dall’altro, la sinistra radicale ha preso le distanze da queste mobilitazioni, con la motivazione – incontestabile – che una parte dell’estrema destra sia all’avanguardia di queste mobilitazioni, o anche che ci sia una confusione tendenzialmente negazionista, espressa attraverso discorsi e simboli come le analogie con la Shoah o l’apartheid.

È vero che lo sfondo di queste manifestazioni era sicuramente più un profondo blu che un rosso, ma il non-interventismo di una parte della sinistra radicale, sulle problematiche fondamentali della sorveglianza di massa e di tutte le conseguenze indotte dalla nuova misura governativa, pone comunque degli interrogativi. In particolare oggi, a meno di un anno dalle elezioni presidenziali e dal quadro sinistro che stanno già delineando.

Questa incapacità della sinistra rivoluzionaria a intervenire nei settori che sfuggono alla sua grammatica tradizionale sorprende un po’, specie dopo i due anni cadenzati dal movimento dei Gilet Jaunes. Come interpretare questa difficoltà? Per cominciare, la retorica che sta dietro le mobilitazioni attuali, soprattutto quelle sul vaccino, è decisamente orientata sul principio delle libertà individuali. Condividendo la critica marxiana della visione liberale, che fonda l’emancipazione sul diritto borghese e le libertà individuali, il campo rivoluzionario non si è mai trovato a proprio agio nelle lotte e parole d’ordine che si rifanno a questi valori.

Una posizione comprensibile perché il “sacrosanto” diritto di impresa e di massimizzazione dei profitti (altro nome della “libertà di sfruttare”) viene giustificato eticamente con questo stesso concetto individualista della libertà, che oggi è fondamento giuridico della materia. Ma troviamo questo riferimento alla libertà anche nei discorsi conservatori, con la famosa idea che “la sicurezza è la prima libertà”, oppure esplicitamente razzisti, che pongono il suprematismo bianco come “libertà di coscienza”, come diritto (e dovere) nazionalista di conservazione delle tradizioni e dei valori repubblicani francesi.

Non possiamo negare che questo tipo di influenze e logiche guidi una buona parte delle persone che scendono in piazza contro l’obbligo di vaccinazione (indotto dal pass sanitario): una mobilitazione in nome della sacralità del “corpo individuale”, considerato molto più importante degli imperativi di solidarietà sociale, salute pubblica e protezione dei più deboli. Da questo punto di vista, è difficile pensare a una proposta di intervento ideologico e pratico, dato che negli ultimi anni la critica verso le misure di contenimento della pandemia (chiusure, maschere, test, campagne vaccinali ecc) è stata in maggioranza portata da reazionari razzisti come Bolsonaro, Trump, Philippot e Dupont-Aignan. Una parte delle posizioni contro il pass sanitario, e soprattutto contro la vaccinazione, sembra in effetti fare eco alle ricomposizioni recenti dell’estrema destra, d’ispirazione “libertariana” alla Trump, unendo una reticenza feroce a ogni misura di solidarietà collettiva a un capitalismo selvaggio e un criminale scetticismo sul cambiamento climatico. Tuttavia, ridurre questa opposizione a un intento individualista, “complottista” o anche proto-fascista sarebbe davvero sbagliato.

Senza voler fare analogie sbrigative col movimento dei Gilet Jaunes, è però utile ricordare che la mobilitazione contro la tassa carbone partiva da motivazioni che non avevano niente a che vedere con la rivendicazione del “diritto individuale a inquinare”, come a volte è stato detto. La rivolta denunciava, tra le altre, le conseguenze che la tassa avrebbe avuto sui modi di socializzazione rurali delle periferie. Denunciava anche l’isolamento e l’esclusione sociale che caratterizzano sempre più gli spazi periferici, e rifiutava che i costi della distruzione dell’ambiente venissero pagati dalle persone più povere (mentre i principali responsabili dell’inquinamento, cioè le grandi imprese e i più ricchi, ne erano assolutamente indenni).

Una parte importante dell’estrema sinistra, durante le prime settimane di movimento, ha tenuto una posizione sterile di purezza ideologica, e si è giustificata parlando di un movimento individualista, interclassista o direttamente fascista. Tuttavia, è stato con la partecipazione al movimento, con l’intervento antifascista nelle manifestazioni, e con la moltiplicazione degli incontri e delle discussioni, che la percezione collettiva degli elementi fascistoidi è diventata sempre più negativa e che questi ultimi hanno finito per essere cacciati o sparire. In più, la disgregazione sociale che i Gilet Jaunes contestano si ritrova anche nell’idea del Pass sanitario, che andrà di certo a impedire a una parte della popolazione l’accesso agli spazi di ritrovo, alle attività culturali e a passatempi così come ai mezzi di circolazione… E questo dopo quasi due anni di confinamenti e coprifuoco a ripetizione, di accessi limitati agli eventi, di incontri familiari e amicali vietati e altro.

Bisogna comunque fare le giuste distinzioni: è chiaro che le mobilitazioni di oggi sono molto diverse da quelle del movimento dei Gilet Jaunes. Infatti, ci sembra che quest’ultimo, per la sua composizione, le fondamenta empiriche della sua collera e le sue posizioni – a volte ingenuamente – apolitiche, mai si sarebbe lasciato guidare da partiti e gruppuscoli fascisti, né avrebbe consentito a figure di politicanti opportunisti e nazionalisti come Florian Philippot o Nicolas Dupont-Aignan di fargli da portavoce. È anche vero però che c’è una somiglianza nel rapporto che la sinistra radicale ha con le mobilitazioni attuali. Prima di convincerci che queste ultime siano ormai terreno esclusivo di forze razziste, antisemite e complottiste, un minimo rigore ci imporrebbe di realizzare delle inchieste militanti, nelle nostre rispettive città, per censire la composizione sociale e politica reale delle proteste, e le dinamiche interne che attraversano le posizioni contro il pass sanitario.

Alcuni tentativi sono già stati fatti e dai primi risultati si percepisce che molte delle persone che scendono in piazza contro il provvedimento di Macron non hanno niente a che fare, nemmeno da lontano, con l’estrema destra né con quella conservatrice. Ed è naturale: le critiche verso l’obbligo vaccinale creato dal pass sanitario non possono essere unilateralmente poste tutte insieme dietro la nozione – sempre molto vaga – di “complottismo”. La sfiducia verso la vaccinazione, e le paure che il suo uso possa avere fini diversi da quelli della salute pubblica, non sono tutte della stessa natura. Certo, di fronte a queste paure, sarebbe senza dubbio utile ricordare che è poco probabile che un vaccino messo prioritariamente a disposizione dei paesi ricchi del Nord globale, e delle classi medie e alte, dia luogo a una diffusione generalizzata di morte, sterilità o malattie gravi, come viene spesso paventato. Come si sa, in caso di dubbi scientifici, gli stati occidentali e i laboratori farmaceutici considerano come cavie le persone che abitano il Sud globale.

D’altra parte però, senza menzionare un complotto, pensiamo davvero che gli interrogativi sul processo di produzione e commercializzazione di questi vaccini, le cui fasi di test non sono stata portata a termine, e che sono stati prodotti in pochi mesi nel quadro di una concorrenza inter-imperialista senza sosta, siano tutti da rigettare in blocco come frutto di egoismi reazionari? L’Unione Europea non ha, del resto, accordato garanzie finanziarie ai fabbricanti, consentendone l’indennizzo nel caso in cui la loro responsabilità venisse chiamata in causa, in ragione di questa produzione inedita di vaccini e della possibilità degli effetti collaterali che potrebbero causare?

La base delle inquietudini espresse deve essere legata a quelle che hanno segnato la storia sanitaria recente, cioè il caso del sangue contaminato e quello del vaccino H1N1. Questi precedenti devono fare da promemoria, spingendoci a pensare già da oggi a forme di solidarietà concreta verso le persone vittime di effetti secondari gravi, corollario di questo dispiegamento massiccio di un simile dispositivo vaccinale, e di fare della responsabilità piena e intera dei laboratori farmaceutici una rivendicazione di base dei movimenti sociali.

In più, queste inquietudini sono in linea con la gestione calamitosa e le imposizioni contraddittorie e permanenti del governo Macron. Perché questo governo ha una responsabilità diretta nel clima di sfiducia attuale, e non c’è dubbio che la sua risposta assurda e ultra-repressiva (ricordiamo che il pass sanitario entra in vigore mentre le somministrazioni dei vaccini hanno ancora ritardi di settimane, e che la quantità di dosi non è sufficiente per vaccinare tutte le persone) finirà con l’esacerbare questo fenomeno.

Ma allora perché il nostro campo cede a questa tendenza assurda, che mette sullo stesso piano “complottista” le posizioni suprematiste paranoiche o esoteriche, insieme alle più semplici propensioni a mettere in dubbio il racconto dominante, a volte con una timida critica del capitalismo e delle forme contemporanee di controllo sociale? Una critica che a volte magari manca di solidità politica, ma che dovremmo incoraggiare, informare o approfondire piuttosto che rifiutare e disprezzare. Un lavoro da svolgere su queste contraddizioni interne sarebbe semmai quello di portare le rivendicazioni di emancipazione e uguaglianza sociale, razziale, di genere, ma anche di mettere in causa l’imperialismo e il colonialismo sanitari attuali, contro i quali dovremmo lottare attivamente. Da questo punto di vista, è importante ricordare la gestione ancora più securitaria e autoritaria della pandemia nelle colonie francesi a fronte della clamorosa assenza di una vera politica di sanità pubblica su quei territori1.

Questo insieme di domande ci porta al cuore del nostro ragionamento: incentrare il dibattito attuale sulla polarizzazione intorno al vaccino è una trappola che dobbiamo evitare.

Primo, perché la questione riguarda piuttosto le misure sanitarie che lo circondano. Da questo punto di vista, la presenza di elementi fascisti, antisemiti e confusi è del tutto reale, ma non per questo possiamo nasconderci che il pass sanitario sia un dispositivo di controllo generalizzato. Nel momento in cui vengono alla luce gli scandali rivelati dai whistleblower, o lo spionaggio illegale di Pegasus, e mentre si stava innescando un vasto movimento contro la Loi Sécurité Globale e l’accentuazione securitaria che metteva in atto, la critica del capitalismo di sorveglianza deve essere un tema di cui occuparsi seriamente. Quindi perché questa critica viene tutt’a un tratto sospesa, o solo timidamente accennata, quando entrano in gioco le questioni sanitarie? La pandemia mondiale crea improvvisamente un asse “progressista” così indefinito che la critica e la sfiducia diventano responsabili di alto tradimento? E soprattutto, in che modo la messa in piedi sistematica di misure di sorveglianza illegale e di repressione poliziesca, da parte del governo autoritario e ultra-liberista di Macron, può per alcuni rappresentare un buon modo per contenere la pandemia e proteggere i più deboli?

D’altra parte, ed è forse il punto più importante, bisogna mettere in discussione questa tendenza generale che considera la vaccinazione come la soluzione definitiva al problema della pandemia. Non perché il vaccino sia pericoloso in sé, ma perché si tratta di una misura strettamente “palliativa” che, sotto la forma del pass sanitario, si iscrive perfettamente nel neoliberismo autoritario contemporaneo. Non cadiamo in errore: è sempre più evidente che oggi il vaccino ha un ruolo vitale, e che solo una campagna di vaccinazione gratuita, mondiale e senza brevetti sembra poter mettere fine alla pandemia che attraversiamo. Ma come militanti rivoluzionarie dobbiamo interessarci non solo alle conseguenze ma anche e soprattutto ai legami di causalità. La definizione stessa di una posizione politica radicale è che risale alle radici, alle cause degli eventi storici. Durante i primi confinamenti, abbiamo visto svilupparsi una posizione di questo tipo: pensiamo alle analisi ecologiche radicali sullo sviluppo del virus, o alla parola d’ordine della “autodifesa sanitaria” sviluppata dalle Brigate di Solidarietà Popolare.

Questa posizione, allora maggioritaria nell’estrema sinistra, era attenta alle ricerche che legavano il capitalismo fossile alla distruzione degli ecosistemi e quindi all’avvicinamento pericoloso tra le specie di vita umana e animale. Puntava il dito sulla privatizzazione neoliberista della sanità pubblica (e dei servizi pubblici in generale) e la soppressione dei letti ospedalieri. Sosteneva il lungo sciopero del personale sanitario e la denuncia delle loro condizioni di lavoro disastrose da anni. Criticava la penuria di maschere, l’assenza totale di previsione da parte del governo, il suo disprezzo verso i famosi “mestieri indispensabili” e, naturalmente, il suo opportunismo autoritario realizzato in questo nuovo Stato d’urgenza sanitario. Osservava attentamente ciò che questo comportava: dal dispiegamento poliziesco al sistematico trattamento repressivo delle persone non-bianche e/o abitanti dei quartieri popolari, senza dimenticare le condizioni sanitarie pessime e le restrizioni drastiche imposte nelle prigioni e nei centri di detenzione amministrativa.

Da quando le diverse prese di posizione si orientano intorno alla questione della vaccinazione, tutte queste discussioni sembrano essersi volatilizzate. Perché, improvvisamente, diversi punti che stavano al centro delle nostre lotte recenti sono stati messi sotto il tappeto? In primo luogo, c’è il fatto che questa nuova misura restrittiva avrà conseguenze drammatiche, in termini di precarizzazione e controllo, sulle persone povere – che sono le meno vaccinate, e soprattutto quelle non-bianche, bersaglio preferito dei controlli di polizia. Che ne sarà delle persone che si trovano in sutuazioni amministratrive marginalizzate, in particolare quelle che non hanno documenti francesi?

Questo insieme di questioni può portarne con sé delle altre. Da un punto di vista internazionalista e anti-imperialista, cosa aspettiamo per diffondere la parola d’ordine fondamentale di uguaglianza di accesso al vaccino e di sollevamento immediato dei brevetti? Nello stesso senso, nel contesto della penuria di dosi su scala mondiale, perché accettiamo – anzi incoraggiamo – la priorità accordata ad adolescenti e giovani adulti abili dei paesi occidentali invece che alle persone anziane o fragili del Messico o dell’India (per esempio parlando di una terza dose mentre altri paesi hanno una scarsissima copertura vaccinale)?

Le posizioni attuali ci sembrano non considerare il rapporto concreto con il capitalismo contemporaneo che riveste ogni giorno di più caratteri autoritari. In più, aprono un’autostrada all’estrema destra: per occupare le piazze, cosa che sta già facendo. Ma anche per produrre e diffondere un discorso di opposizione egemonica rispetto alla sorveglianza di massa, alle misure sistematicamente antidemocratiche, o all’uso capitalista della tecnologia digitale. Più in generale, consegna alla ricomposizione “libertaria” del fascismo post-trumpista la direzione della sfiducia verso la narrazione ufficiale.

La nostra ispirazione dovrebbe nutrirsi della strategia di Act Up, che ha promosso una politica di salute egualitaria ed emancipatrice contro gli interessi privati che la intrappolano. Sempre in lotta contro la marginalizzazione sociale, la posizione di Act Up non ha mai ceduto alle sirene autoritarie e securitarie. Su questa linea dovremmo costruire rivendicazioni solide e tentare di intervenire. Per un migliore accesso alla vaccinazione, per una reale trasparenza e una diffusione di informazioni, discussioni, dibattiti, e contro ogni forma di controllo sociale e di sorveglianza. Il calendario politico dei mesi a venire ce lo impone: tra il possibile ritorno della riforma delle pensioni, e di un movimento di opposizione a essa, le conseguenze delle misure di sorveglianza che stanno prendendo forma, e, chiaramente, le elezioni presidenziali, non possiamo lasciare la piazza e la critica politica a fascisti e opportunisti.

1Macron ha annunciato il ritorno del coprifuoco e dello stato d’urgenza sanitario a Martinica e Riunione, misure sempre rimaste in vigore nei territori di Mayotte, Guyana, Wallis e Futuna, Tahiti e Moorea.

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