Richard Dyer è un critico inglese che si è sempre occupato del rapporto tra industria di intrattenimento e razza, genere e sessualità. Militante gay e socialista, pubblica questo articolo sulla rivista londinese Gay Left nel 1979, lo stesso anno in cui, sull’altra sponda dell’Atlantico, il dj Steve Dahl inventa la Disco Demolition Night, invitando la gente a bruciare pubblicamente i vinili di disco music. Si tratta di un momento storico particolare: mentre da un lato il rock si riscopre ringiovanito dall’attitudine punk – specie quello statunitense – dall’altra parte gli anni ‘70 rappresentano il culmine della cultura artistica afroamericana, specialmente in ambito musicale. La disco, nata come spesso accade nell’incontro tra la sperimentazione “alta” e la creatività dei margini, entra prepotentemente nell’immaginario collettivo, anche grazie a La febbre del sabato sera – film che, tuttavia, è emblematico dell’appropriazione bianca ed eterosessuale della disco (questo è il tema di un altro saggio, Disco and the queering of the dancefloor, che magari tradurrò in futuro).
Amanti del rock, del punk e del country si ritrovano nella Disco Demolition Night per sfogare il proprio astio verso questa cultura così insopportabilmente diversa da loro. Alcuni dei partecipanti diranno che non c’era alcun intento odio razziale o eterosessista, ma è difficile non scorgere in questo pubblico linciaggio una furia quantomeno normalizzatrice. L’odio verso la Disco non si discosta molto dai pregiudizi intorno al jazz e, in generale, alla musica di matrice africana, nella quale la preminenza del ritmo viene collegata alla fisicità erotica tanto odiata dalla cultura bianca.
In questo saggio Dyer parte dalla propria posizione personale di amante della musica da ballare a discapito di quella considerata intellettuale. Nella sua riflessione Dyer trasforma questo “disagio” in un discorso politico, nel quale affronta la questione (ancora oggi molto in voga) della musica “commerciale” e “stupida”, rivendicandone poi invece gli aspetti positivi e potenzialmente ribelli.