Torniamo con un’altra traduzione, sempre a proposito della Disco. In questo caso, l’autore parte da un punto di vista situato negli Stati Uniti, in un saggio che copre tantissimi aspetti della cultura Disco, riflettendo sul modo in cui la Disco era concretamente vissuta. Quello che è più interessante, dal mio punto di vista, è l’accento sulla dimensione orizzontale di questo fenomeno, il fatto che sia basato fortemente sulla relazione tra le persone. Nella pista da ballo le persone non si rapportano in quanto coppie o potenziali coppie, ma come individui che, tuttavia, non sono a(u)tomizzati ma in costante relazione di comunità. La direzione verticale che caratterizza la musica europea (la gerarchia che vede in cima la sacralità dell’opera, poi la genialità e capacità tecnica dell’artista, e in fondo il pubblico, il cui ruolo è solo quello di assistere con devozione) viene sovvertita in una scena dove tutti gli elementi – la musica, la figura del o della DJ, le persone sulla pista da ballo – sono tutti fondamentali. Una delle caratteristiche fondamentali della musica afroamericana è l’importanza data alla performance piuttosto che alla perfezione assoluta dell’esecuzione: questo deriva sia dalla filosofia africana importata dalle persone schiavizzate nel continente americano, sia dalla reazione di queste alle condizioni materiali di sfruttamento e disumanizzazione alle quali venivano sottoposte.
La risignificazione degli spazi, dei tempi, degli strumenti musicali, della fisicità stessa del/la musicista e della persona che riceve la musica, sono parte della cultura afroamericana e che ritroviamo anche nelle culture che da essa derivano e nelle quali il “discorso” del blues e del jazz continua nelle sue varie forme.
Il titolo originale del saggio di Tim Lawrence è “Disco and the Queering of the Dancefloor”, e si può trovare sul suo sito ufficiale qui: https://www.timlawrence.info/articles2/2013/7/16/disco-and-the-queering-of-the-dance-floor-in-queer-adventures-in-cultural-studies-a-special-issue-guest-edited-by-angela-mcrobbie-cultural-studies-25-2-2011-230-243