Alas!, poor Yorick.. Sviluppo e decadenza nel Marghine Industriale

 

L’Alas ossia Anonima Laneria Sarda, nata intorno agli anni 30 del ‘900 si sviluppa principalmente grazie alle commesse relative alle forniture militari per conto del ministero della guerra, e raggiunge la sua massima capacità lavorativa intorno agli anni a cavallo tra il 35-40 dando lavoro ad oltre 600 persone in questo periodo.

In questi anni la ditta riesce a procurarsi commissioni per lavare e trattare lana sarda in quantità che arrivano ai 600.000 kg/annui, infatti la politica autarchica attuata dal regime fascista e le comande di guerra riescono a fare dell’ALAS uno dei più importanti centri di industria tessile a livello nazionale e sicuramente il maggiore in Sardegna.

La storia di questo complesso industriale, durata quasi 50 anni, è una vera e propria epopea post-moderna , durante la quale molti fatti importantissimi e poco noti si sono consumati, proprio nella nostra anonima cittadina.

La laneria Alas è stata una delle più importanti industrie isolane e tra le prime a favorire l’impiego di operaie donne negli anni subito dopo la guerra, favorendo sicuramente un cambiamento di veduta sul ruolo della donna nel centro Sardegna e non solo.

Inoltre la fabbrica dell’Alas è stata teatro intorno agli anni 50 di modesti ma importantissimi movimenti operai, che nel 51 sfociarono nell’occupazione della fabbrica nell’intento di scongiurare licenziamenti di massa e richiamare l’attenzione della regione e del ministero sulle gravi condizioni in cui versavano le industrie del Marghine in quel periodo, in cui il loro destino era segnato da una gestione capitalistica proveniente dall’esterno della realtà isolana.

É possibile che tutto ciò sia stato dimenticato dalla cittadinanza e dalle istituzioni?

Uno dei più importanti pezzi di storia dell’industria sarda e nazionale, quale l’Alas è, non è mai stato tutelato né dal comune né dalla regione (che ne ha rilevato la proprietà dopo lo scioglimento delle società produttrici), i quali anzi ne hanno favorito direttamente ed indirettamente lo smantellamento degli edifici e dei macchinari, oltre ad arrogarsi il diritto di affittare parte dello stabile a privati; anche allo scopo tutt’altro che impellente di dare nuovo spazio alla espansione edilizia abitativa.

Proprio l’Alas può essere considerata a posteriori uno dei più importanti fattori di crescita ed espansione demografica di Macomer, senza la quale industria la città avrebbe oggi un aspetto molto diverso. Ricordiamo infatti che prima dell’avvento delle industrie la città contava una manciata di migliaia di abitanti, e che solo grazie alle possibilità di espansione economica e sociale create dal lanificio e dai caseifici nel primo ‘900 che Macomer è venuta ad entrare nel novero delle città più popolose e dense industrialmente della Sardegna.

Allo stato attuale sembra quasi impossibile immaginare come un tempo questo luogo dovesse essere il centro nevralgico e strategico dell’industria isolana. Il paesaggio attuale è quello triste, sconvolto ma allo stesso tempo affascinante dell’abbandono, della fabbrica dismessa che è stata ri-occupata dalla natura, con quella che è stata una lenta ma inesorabile violenza.

Negli anni le intemperie e l’azione dei vandali ha lasciato ben poca cultura materiale ai posteri, ma gli edifici, specie quello del lanificio e del caseificio Dalmaso hanno resistito con le loro caratteristiche architettoniche uniche e rese estremamente suggestive, anche dalla prossimità del canyon scavato dal rio S’Adde.

Recentemente, durante l’inizio dei lavori che dovrebbero portare alla costruzione di un enorme caseggiato tra via Bagnocavallo e via Cavour, mi è capitato di trovare la strada principale della zona industriale invasa completamente delle vecchie etichette dei formaggi Dalmaso, le quali, sospinte dal vento hanno ricoperto completamente la strada, in una surreale quanto triste immagine sbiadita di quell’ormai trapassato benessere industriale ed economico. Chinandomi a raccogliere una di

queste etichette mi sono stupito di trovare che le scritte erano tutte in inglese e che evidentemente il formaggio era destinato all’esportazione negli U.S.A., con ancora maggiore sorpresa ho notato che tutte le etichette erano in lingua straniera e, a giudicare dal numero di etichette che volteggiavano per la strada la produzione doveva essere veramente impressionante.

Con quanta tristezza penso al prezzo del latte sardo ai giorni nostri, ed alla fame di lavoro che affligge noi giovani e non solo…

Quello che mi preme far presente è che la zona industriale Alas (con i suoi caseifici ed il lanificio) è a tutti gli effetti uno dei più importanti testimoni dell’archeologia Industriale in Sardegna e non solo.

La mia speranza è che le istituzioni , comune in primis, si rendano conto dello spreco e dell’abominio storico e culturale perpetrato lasciando che le strutture e i materiali (compresi i macchinari) contenuti in esse vadano in sfacelo da ormai più di 40 anni.

Tante parole sono state spese negli anni e tanti progetti sono stati presentati e vagliati, come l’ottima tesi di laurea in beni culturali della preparatissima Giorgia Tempesta (che non conosco personalmente ma di cui sono debitore di molte delle informazioni di cui mi sono servito per la mia ricerca), ma alla fine la decisione ultima del comune è stata quella di re inventare la struttura del lanificio (così particolare con il suo ponte sospeso sulla strada) per poterla convertire in un area fieristica.

Quello che possiamo augurarci è che non venga snaturata l’antica forma delle strutture e che i macchinari vengano restaurati e messi in sicurezza per poter allestire un museo dell industria. Infine di poter creare in questi luoghi così suggestivi delle strutture che accolgano laboratori sulla produzione di lana e formaggio, ma anche arte, spettacolo, musica ed altri eventi in maniera continuata ( non episodica come lascerebbe presagire un uso fieristico-espositivo) , facendolo magari gestire dal libere associazioni di cittadini (e non da privati o dal comune stesso), come suggerisce la Tempesta stessa.

Questo mio pensiero è rivolto a tutti i macomeresi ma sopratutto a chi ha la responsabilità di fare scelte per tutti, nel rispetto di tutti e nel rispetto della democrazia di cui tanto ci vantiamo.

Autore: Phlebas Il Fenicio  – phlebasilfenicio(chiocciola)libero.it

Fonti:

Claudio Pintus, Dario Fadda, GRUPPO LANARIO SARDO ALAS Dallo sviluppo dell’industria tessile nel Comune di Macomer, alla decadenza di un importante risorsa economica del Centro Sardegna (ArcheoSafe) Aricolo consultabile all indirizzo : http://www.archeologiasarda.com/archeosafe/Alas_Pintus_Fadda.asp

Tempesta Giorgia- Un Turismo Diverso: Archeologia Industriale a Macomer ( Tesi di laurea in Operatore culturale del Turismo) consultabile all indirizzo : http://content.yudu.com/Library/A1spn8/GiorgiaTempestaUntur/resources/1.htm

Atti del Comune di Macomer, consultabili all indirizzo: http://www.comunedimacomer.it/

Immagini: Time Trip Project (di Fadda & Pintus) sito: http://www.timetrip-project.com

3 comments

  1. Sante parole, Stefania! è finito il tempo delle grandi promesse industriali, è ora di fare le cose che sappiamo fare bene e farci strada verso il futuro, coscenti dei ripetuti fallimenti della grande produzione globale!!

  2. Senza dubbio l’ALAS ha rivestito un ruolo di notevole importanza per lo sviluppo di un paese come Macomer, ma non dimentichiamoci che (soprattutto in questo periodo) uno dei nostri compiti fondamentali come cittadini (non solo come Macomeresi, ne come Italiani) è guardare al futuro. Ora, non so se la tesi della signorina Tempesta lo faccia presente (sto ancora tentando di leggerla tutta), ma è storia anche l’enorme fallimento dell’ALAS, dovuto soprattutto alla fine delle commissioni da parte dell’esercito, e soprattutto alla (amata e odiata, ma comunque presente) globalizzazione. Poca gente si poteva permettere di comprare le coperte dell’ALAS, e certo i lavoratori che vi partecipavano non potevano campare unicamente di questo. “Guardare al passato per costruire un futuro migliore” dovrà essere il nostro motto nei confronti dell’ALAS; è inutile sprecare tempo nel riportare in vita attività che hanno già fatto il loro tempo. Oggi Macomer è morta, e delle persone di una certa età che ripensano all’ALAS vedono soprattutto il suo enorme fallimento. Ri-scopriamo il significato di gLocal, e cerchiamo di attirare nel nostro ormai piccolo e abbruttito Paesino un interesse che non sia semplicemente macomerese o sardo; altrimenti assisteremo semplicemente ad un altro grande fallimento industriale, o alla costruzione di un altro (a mio avviso quasi inutile) museo improduttivo.

  3. PER LIBERARE L’ALAS DALL’ INCURIA DELLE ISTITUZIONI!!!— alas.forumup.it —