Trasponsonic, seconda parte

Trasponsonic , parte due.

L’esperienza sonora.

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Inserita in un contesto culturalmente e industrialmente degradato come lo è in particolare quello della città di Macomer (nella cui oscurità lottano poche ed eroiche associazioni culturali), questa casa discografica può vantare tra le iniziative culturali più all’avanguardia e al contempo più resistenti sul territorio, dispensatrici di esperienze ed approcci artistici e musicali impensabili altrimenti in un tessuto culturale, il nostro, ormai marcescente.

E sopratutto facendosi portavoce di valori umani e sociali nuovi (ma in realtà antichissimi) in una società che sembra aver perso oggi, la voglia di cambiamento endogeno e di crescita culturale indipendente dai percorsi segnalati dalle istituzioni.

Ma come lavora e produce la Trasponsonic? Come per molte case di produzione indipendenti, alla base del processo sta il produttore, il quale organizza regolarmente sessioni di registrazione, nelle quali spesso l’unica regola compositiva è l’ improvvisazione radicale, sia che il progetto sia quello di un singolo artista o il lavoro di un gruppo.

In questa maniera danno luogo, a loro dire, ad una sorta di rituale collettivo, nel quale la musica o meglio l’ambiente sonoro (o soundscape) si presenta quasi quale prodotto secondario dello stare insieme, il quale viene incanalato ed inciso su dei supporti (dal nastro magnetico degli anni ’90 , fino ad arrivare al moderno mezzo dell’Hard-Disk) per poi passare alla fase della cosiddetta post-produzione, ossia la lavorazione del prodotto finito e pronto per l’ascoltatore.

Ma la vera coronazione del loro lavoro e delle loro sperimentazioni è e resterà sempre la Performance.

Il momento topico del lavoro sia del produttore, che dei musicisti è infatti questo impagabile istante di puro divenire musicale, in cui le energie di tutti si mescolano assieme nello stesso momento e nello stesso posto.

Le energie e il lavoro dei musicisti si incontrano spesso con il pubblico in luoghi suggestivi e portatori essi stessi di complessi e potenti significati, dando luogo ad eventi memorabili per chi vi partecipa anche da “semplice” spettatore.

Per cercare di avere un approccio più realistico e sopratutto cercare di ricostruire il paesaggio umano e sonoro che si crea in questi concerti, riporto di seguito una testimonianza autoprodotta di uno di questi eventi.

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Macomer-Agosto 2010

Il concerto è stato organizzato in località Nasprias, a pochi chilometri dall abitato, in un vigneto ad ampli filari , sotto un enorme tendone bianco che si illumina di diversi colori, pulsanti nel buio della campagna.

Il suono cupo del sintetizzatore, che fin ora mi aveva accompagnato, sempre uguale, nel breve cammino notturno per le stradine di campagna, per un attimo si schiarisce lasciando trapelare un brulicame di armonici ad alta frequenza, come se la luna (assente) fosse appena spuntata da uno strato di foschia persistente.

Quello stesso suono un attimo dopo si carica di nuove e differenti colorazioni, attraverso filtri, generatori di frequenze ed altri meccanismi di manipolazione, e senza mai cessare di risuonare, mi accompagna fino al limitare della tenda.

C’è poca gente, una dozzina di persone, quasi tutte evidentemente di fuori. Mi avvicino ad un angolo dove scorgo il mio amico Tommasino, che mi invita a sedere e bere una birra.

Mi metto a mio agio e continuo a godere di quello spettacolare paesaggio sonoro che continua ad evolversi lentamente, sempre attorno allo stesso suono.

Rimango per un attimo totalmente assorbito dalla monotonia del ritmo, ed all ingresso della batteria (sempre isocrona alle fluttuazioni del sinth ma sfasata di pochi decimi di secondo) e vengo trasportato su un treno a vapore rumoroso e vibrante sotto i miei piedi.

La melodia semplicemente non è : scardinata del tutto in favore di particelle minime, spesso un unico tono o un agglomerato di note come una cellula, sempre uguale, ma con funzioni sempre diverse nel miscuglio delle voci.

Pian piano il suono si assottiglia sempre più e scema in un ronzio balbettante, che una volta defilatosi lascia affiorare il fruscio della campagna estiva.

Qualche applauso e qualche urlo di approvazione rompono il silenzio e i musicisti (Andrej Porcu e M.S. Miroslaw, marchio Trasponsonic) si defilano dal palco, il quale ora sembra un grosso e colorato groviglio di cavi e microfoni ad asta che si intrecciano.

Ora si avvicina sul palco un altro musicista (India Von Alkein, sempre Trasponsonic) e dopo aver mandato un loop di sintetizzatore composto da una micromelodia di tre note, si avvicina al microfono e con una voce gutturale ma ben intonata da il via ad una salmodia incessante ed alienante, in diverse lingue (riesco a percepire sono alcune parole in inglese e tedesco) sempre basata sul “drone” innescato dal loop.

Jooklo Duo – Live

Il concerto si sposta sotto un albero poco distante, una luce lo illumina svelando due musicisti (Alberorovesciato, Firenze/Cagliari) intenti a produrre suoni con diversi strumenti percussivi adagiati a terra. Piano piano la luce li illumina completamente e con meraviglia ci accorgiamo che stanno entrambe suonando usando come “bacchette” dei ramoscelli sia secchi che freschi. Il risultato sonoro è impressionante ed il ritmo concitato e balbuziente ricorda quasi una batteria hard-bop.

L’esecuzione dura una decina di minuti con varianti minime, poi si conclude .

Dopo questa performance molti applaudono e finalmente il collettivo ospite si riunisce sul piccolo palco occupando lo spazio in varia maniera con i loro strumenti, tra cui scorgo un sax, una batteria, un computer, un clarinetto e vari flauti e pifferi di varia natura.

Questo gruppo di musicisti, punta di diamante della Trasponsonic, prende il nome di Hermetic Brotherhood of Luxor ed è composto in tutto da sei persone. Dopo aver sistemato la loro varia ed eterogenea strumentazione, danno il via al concerto; del quale tenterò di dare una descrizione formale il piu fedele possibile.

Primo brano:

Un drone percussivo-ossessivo fa da tappeto ad un theremin mai statico e stonato, in perenne glissando disegna zone di condensazione tonale, che spianano la strada all ingresso di un nuovo drone pulsante, che si dilegua lasciando spazio ad alcune note di tromba riverberata digitalmente, fino alla comparsa di nuovi fruscii dello spettro acuto che fanno da cuscino per un doppio assolo delirante di clarinetto e sassofono dal suono molto filtrato ,tanto da apparire globulare nei toni bassi, le fluttuazioni dell sax diventano una sirena imprecisa e lontana, mentre il clarinetto imita il verso di alcuni uccelli come storditi, lo spettro basso del rumore si amplifica e crea uno sfondo palpitante nel quale ora i fiati divagano senza mai incontrarsi. Vengono a galla voci sillabanti non-sense, che si rincorrono sempre più furiose, che alla fine lasciano lo spazio ad un micro-drone di rumore bianco che all improvviso viene meno.

Secondo brano:

Il brano si apre con un riff di chitarra e voce che scompaiono poco dopo, appare la batteria con ritmo stabile sul quale si incastrano le urla riverberate del cantante. Si inseriscono vari rumori di varia ampiezza e durata (flauti,pifferi e basso sintetico), ma tutti riverberati. Due note di basso elettrico fanno ora da sfondo ad un solo di chitarra elettrica molto distorta, con la batteria e rumori vari a fare da tappetto ritmico. La chitarra sempre più divagante si stabilizza a produrre un rumore ronzante ed un fischio che conclude il pezzo.

Terzo brano:

Varie frequenze sintetiche si mescolano dando luogo a suoni sempre nuovi per tutto il brano in un unico enorme legato, assumendo di volta in volta le timbriche più disparate, dal sax basso all infrasuono di un clarinetto suonato col compressore. Non ha connotazione ritmica, fino a quando si inserisce una chitarra lontana suonata come un mandolino elettrico che alla fine si produce in un irrisolvibile assolo atonale che conclude la traccia in un esplosione.

Quarto brano:

Una batteria traballante e dal ritmo apparentemente stocastico fa da unico legame tra un sax indeciso e una chitarra-mandolino ossessionata da 3 note. Compare un suono sintetico basso da corda di pianoforte, ma la timbrica comprende anche quella del sax. Una ripercussione di tintinnii diventa il corpo sonoro , dal quale si staglia lentamente un basso ed una voce lontanissima che canta sillabando in tre toni diversi e consonanti. Poi delle voci metalliche si inseriscono e chiudono il pezzo.

Quinto brano:

Un suono come di organo elettrico tiene in piedi pochi accordi con la stessa tonica al basso, una voce canta una melodia vaga e lontana, la batteria si introduce regolare e porta avanti le peregrinazioni della voce e dell organo. Il canto si fa piu semplice e si riduce a tre toni ripetuti ossessivamente, progressivamente distorti e ovattati dal riverbero. La batteria e l’organo rimangono implacabili sullo sfondo mentre diverse voci si alternano al canto, alle quali si aggiunge anche la chitarra che ripete tre note sempre allo stesso ritmo. All improvviso la batteria esplode e scompare lasciando spazio al solo organo che diminuisce di intensità e per la prima volta cambia tonica e lascia comparire una voce divagante che insegue glissando le poche note dell organo. Poco a poco la batteria ricompare e finalmente innesta un dialogo con l’organo che risponde dapprima con due toni consonanti ma man mano degenera in una dissonanza esagerata e da il via libera all ingresso della chitarra-mandolino che divaga con una nuova voce che fa la sua comparsa la quale chiude il pezzo con una vaga cadenza tonale.

Con questo pezzo il gruppo chiude la performance e appena gli applausi si diradano vengono presentati i trentini Jookloduo che sono venuti a suonare come ospiti.

Mentre il palco viene allestito per il nuovo gruppo, con Tommasino ci aggiriamo per la vigna per salutare e complimentarci con gli HBOL per il concerto e la serata, dopo aver fatto conoscenza con i musicisti dello strano ensamble vegetal-percussivo Alberorovesciato riprendiamo il nostro posto sotto il tendone dove stanno cominciando a suonare altri due musicisti.

Il duo è composto da un ragazzo alla batteria ed una ragazza al sax, e si produce in un impressionante e delirante improvvisazione di una ventina di minuti dai connotati vagamente free jazz.

La batteria mitraglia sui piatti un ingarbugliato tappeto ritmico e la sassofonista inserisce assoli alla velocità della luce, tre brani si susseguono con ritmi sempre vertiginosi e assoli roventi di sax, alla fine il concerto ha termine e le luci si spengono.

Dopo aver salutato e ringraziato per la serata ci dirigiamo fuori dalla vigna, nell intricato dedalo di stradine bianche, in direzione Macomer.

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Il caso illustra una delle situazioni più frequenti: un concerto organizzato in un luogo privato (una vigna in questo caso) e sponsorizzato solo attraverso il passa-parola (e recentemente dai social-networks, che si sono rivelati macchinari utilissimi al processo) che ospita realtà musicali provenienti dall’esterno.

Un altro carattere frequente di questi concerti è il numero spesso esiguo (anche se non è sempre così) degli ascoltatori-spettatori (entità non agenti musicalmente), il quale, a mio avviso valorizza di più l’approccio comunicativo orizzontale in questo contesto; essere in pochi favorisce lo scambio e la socializzazione, oltre a dare l’opportunità (impagabile!) di seguire al meglio il concerto.

Gli artisti provenienti da fuori sono di solito ospitati dagli organizzatori in strutture private, minimizzando i costi di produzione e rendendo possibile lo scambio con realtà distanti anche migliaia e migliaia di chilometri dalla Sardegna (cosa impensabile fino a poco tempo prima dell’avvento delle compagnie aeree low-cost).

Insomma la casa di produzione si assomiglia anche ad una casa reale, nella quale vere persone vivono e producono, oltre ad intessere rapporti con altre persone, in un ciclo ospiti-ospitanti che si protrae per tutta la vita dell’etichetta.

Anche per questo, penso, è così importante la Trasponsonic per Macomer e per il Marghine in generale, dando la possibilità a molti di entrare in contatto con realtà musicali a volte estremamente lontane (fisicamente ma anche culturalmente) dalla nostra Sardegna.

Fonti:

Intervista M.S. Miroslaw del luglio 2012

www.trasponsonic.it

Phlebas il Fenicio

phlebasilfenicio(chiocciola)libero.it

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