Un post stupido, generico, magari superficiale, che parla dei maschi e delle femmine. E, nello specifico, dell’essere maschio. E’ difficile scrivere di ciò, perché il timore è sempre quello di trovare un genio che ti dice “ma le donne sono tutte troie”, o una femminista dalla cultura immensa che ti massacra concettualmente. Il che è probabile, perché dal punto di vista delle “questioni di genere”, sono veramente ignorante.
Perciò cerco di parlare di me, solamente di me e della mia esperienza personale in quanto maschio. Un maschio a cui, ne sono abbastanza certo, piacciono le femmine (non lo dico per omofobia, ma solo per chiarire). Un maschio, però, che ha sempre guardato con disgusto – sempre più consapevole – quello che, in teoria, i maschi dovrebbero fare per guadagnare quella che ormai si può considerare la merce – o il bottino – del sesso. Aborrendo, ad esempio, l’idea di “andare in discoteca” perché lì “c’è figa”. “Ma se non esci, quando te la trovi una ragazza? Quando scopi?” – è semplice: non scopo. Pazienza. Ma già mettere il rispetto per sé stessi al di sopra dell’opportunità di “scopare” sembra quasi un assurdo. Perché il ruolo del maschio è quello di cercare sempre e comunque di scopare. Abdicare a questo ruolo, togliersi dalle vesti del panettiere che “c’ha lo sfilatino”, fottersene di vestirsi “bene” per fare “conquiste” (esempio stupido fra i tanti che si potevano fare), suscita facce sconsolate o al più sorrisi imbarazzati anche tra le femmine. Perché il maschio, se vuole prendere la sua parte del bottino femminile, deve scendere in battaglia, deve fare follie, dimostrare di volerla davvero tanto. E allora, forse, la otterrà.
Qui non voglio intendere la solita stronzata che le donne fanno tanto le sante ma poi sotto sotto.. Cosa? Sotto sotto non c’è nulla. Ogni essere umano ha voglia di provare piacere. Ovviamente, nei modi e nei tempi che preferisce. Quindi non è una critica alle donne che se la tirano e che non la danno – non è assolutamente questo il punto. E’ il fatto che a tutto questo venga dato un valore di merce.
E ciò che questa pratica del “tira e molla” comporta, è la comparsa, in chi non è nato belloccio e non ha quindi partecipato al fastoso banchetto della scoperta della sessualità, la sensazione che in realtà alle donne non piace fare sesso, ma lo fanno solo per fare un piacere all’uomo. E poi ci sono quelle che lo fanno perché ne traggono piacere, ma in questo caso sono delle puttane. Chiaro. (Ed è ovviamente banale dire che, oggettivamente, una donna che si fa tanti uomini non è più o meno puttana di un uomo che si fa tante donne.) Tutto questo ti porta, crescendo, ad accettare l’idea che, se la vuoi, te la devi sudare. Perché quella cosa è una merce preziosa, talmente preziosa che nemmeno chi la possiede può disporne come vuole, ma anzi, è la società con le sue regole non scritte a deciderne la somministrazione al mondo maschile: e questa sembra avvenga in base a due criteri che fanno punteggio come nei concorsi, la bellezza fisica e la caparbietà nel volerla ottenere.
Come se fosse una fottuta gara a chi fa di più per ottenerla e a chi è più capace a resistere prima di darla; una gara, come in ogni aspetto della nostra società, una gara che comporta consumi, spese, impegni non solo di soldi, ma di energie mentali per la progettazione, per la realizzazione, per il mantenimento della conquista – o per la difesa e la saggia e graduale elargizione. Rapporti sessuali come merce: e del resto, il loro spettacolo è già commerciato esplicitamente nel porno di internet.
Evidentemente, alla luce di tutto ciò, è improbabile che due vite possano intrecciarsi con naturalezza, al di là dei ruoli imposti e delle regole non scritte.
P.S. Parlo dei maschi e di me come maschio, in quanto questa è la mia condizione. Non mi considero oppresso dalle femmine in quanto femmine, anzi, mi considero oppresso CON le femmine da una società che vive nell’ottica del risultato, e nella quale la “scopata” è un risultato per il maschio.
Altra precisazione importante: non mi interessa se a Milano ci sono donne che la danno per ceci e si comportano come “maschi”. Io non do ceci e non mi interessa quell’aspetto lì, mi interessa la normalità (pensate al concetto di normalità, e non ditemi che non ce l’avete: ecco, è proprio ciò che intendo per normalità, le persone normali!) e la vita nella normalità.
P.P.S. Questo post è scritto di getto, senza un’idea precisa, probabilmente con salti logici e stronzate ai limiti dell’assurdo. Vorrebbe essere l’inizio di una discussione e non la sanzione definitiva su un argomento. In ogni caso, un blog che discute in maniera molto interessante di ruoli e di genere è Finché morte non vi separi. La lettura di questo e di altri articoli su Femminismo a sud ha ispirato queste mie sciocche parole e ne ringrazio autrici e autori, assicurando loro che ciò che sono riuscito a scrivere non è minimamente comparabile alla preziosità degli spunti che ho trovato nei loro articoli.
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