Nota di traduzione: l’autore si rivolge principalmente agli studiosi uomini che vogliono compiere ricerche sulla maschilità con l’intenzione dichiarata o sentita di collaborare alla causa femminista. Per indicare queste persone, usa la locuzione “ricercatori-uomini impegnati”: trovandola un po’ pesante nella traduzione italiana, ho usato il termine ricercatori, aggiungendo “uomini” o “impegnati” quando mi pareva più necessario specificarlo. Inoltre, ho tradotto “genré” come “di genere” perché in italiano non esiste una traduzione accettabile di questa accezione (genré come gendered in inglese, cioè condizionati o prodotti dal genere), e “rapports sociaux de sexe” come “rapporti sociali sessuati” perché “di sesso” mi suonava male in italiano. Un’ultima cosa che vorrei aggiungere, da persona che è stata sempre distratta quando si spiegava filosofia al liceo: quando si parla di epistemologia, termine che ricorre in questo testo, si parla del modo in cui si conoscono le cose.
In questo articolo propongo una riflessione sul modo in cui i ricercatori, impegnati nella lotta contro l’oppressione delle donne da parte degli uomini, possono migliorare la loro efficacia politica e scientifica nell’analisi dei rapporti sociali sessuati1. Quando questi uomini cercano di produrre analisi pertinenti e prive di pregiudizi, si trovano di fatto ad affrontare una doppia difficoltà: da una parte, quella di comprendere pienamente le analisi femministe, che designano la loro esistenza come fonte permanente di oppressione delle donne; dall’altra, quella di imparare a gestire i conflitti interiori che ne derivano, in modo da permettere loro uno sguardo sull’oppressività della loro costruzione e azione che sia produttivo e coinvolto invece che distaccato. Lo studio dei rapporti sociali sessuati pone con insistenza la questione del legame tra il soggetto conoscente e l’oggetto di ricerca: a causa del radicamento identitario, affettivo, sessuale e corporale generato dall’organizzazione specifica dei rapporti sociali sessuati, ogni messa in questione politica e teorica implica che i ricercatori rivedano la loro costruzione e il loro vissuto personale. In quanto membri del gruppo oppressore, devono imparare che la loro soggettività è strutturata dalla posizione maschile, cioè dal fatto che beneficiano di ricchezze materiali, libertà sociali, qualità della vita e rappresentazioni androcentriche nella misura stessa in cui opprimono le donne. I ricercatori devono allora, per produrre analisi pertinenti e senza pregiudizi, elaborare una coscienza anti-maschilista2: una coscienza della loro strutturazione soggettiva particolare in quanto oppressori, e la consapevolezza di dovere sviluppare dei modi per comprendere pienamente le conseguenze di questa strutturazione, per non riprodurre dei pregiudizi maschilisti. Da questa consapevolezza emerge una questione fondamentale: in che modo la posizione dominante prodotta dall’azione oppressiva struttura il rapporto epistemologico rispetto al soggetto stesso dei rapporti sociali sessuati? In altre parole, in che modo le analisi sui rapporti sociali sessuati sono influenzate, ossia limitate, dall’appartenenza dei ricercatori al gruppo sociale degli uomini?