Amic* italian*, visto che da tempo sta girando una presunta lista di 10 cose da non fare in Sardegna, vorrei esporvi alcune rassicurazioni in merito. Valgono anche per un sacco di sardi e sarde, ovviamente. Continue reading
“Sex and the teens”: ma che davero???
In quel gioiello di album che è “The miseducation of Lauryn Hill”, alcune canzoni sono introdotte da dialoghi registrati probabilmente in una scuola. Non ne ho la certezza, ma l’impressione è che Hill sia andata (insieme a uomini, cosa da non sottovalutare) nelle scuole a parlare con ragazzi e ragazze di amore e, probabilmente, anche sesso. In “Doo wop (that thing)”, Hill parla direttamente a loro, prima chiedendo alle ragazze di rispettare sé stesse (“Don’t be a hardrock when you’re really a gem, Babygirl, respect is just a minimum”), perché “it’s silly when girls sell their soul because it’s in”, ma senza atteggiamenti di superiorità (“Now Lauryn is only human, Don’t think I haven’t been through the same predicament”). Poi si rivolge ai ragazzi, “more concerned with his rims and his Timbs than his women, him and his men come in the club like hooligans” e spiega: “Money taking, heart breaking, now you wonder why women hate men, the sneaky silent men the punk domestic violence men” e conclude “stop acting like boys and be men”. Ma non rinuncia a rivolgere un messaggio rivolto a tutt*: “guys/girls you better watch out, some guys/girls are really about that thing”. Senza indugiare nella più facile delle morali, Hill ricorda di non farsi illudere dalle promesse d’amore di chi vuole solo that thing.
Ho pensato subito a questo dopo aver visto “Sex and the teens”, “inchiesta” video pubblicata da Sky e curata da Beatrice Borromeo. Ho visto questo “documentario” ispirato dalla critica letta su NarrAzioni differenti, ma a differenza della blogger vorrei portare un diverso punto di vista, quello di uno che ha fatto il giornalista, che vorrebbe continuare a farlo e che nell’attesa si interroga costantemente sul significato di questa professione. Continue reading
Non ci vuole un genio
Leggo con occhi ancora assonnati questo articolo di Gilioli, scritto all’indomani delle elezioni amministrative di due giorni fa.
Un articolo di opinione forse, per alcuni, dirompente, nel quale l’autore ammette di aver “goduto” nel vedere la tanto odiata candidata del Pd venire sconfitta dal berlusconiano Toti in Liguria. Gilioli si spinge perfino a dire che “con l’etichetta di sinistra può fare cose di destra con meno contrapposizione sociale”, e che “se la cosiddetta sinistra finisce per fare quelle cose di destra che la destra in quanto destra non riusciva a fare, è chiaro che il meccanismo ‘voto comunque sinistra per fermare la destra’ va a farsi benedire […] proprio pragmaticamente, a benedire”, e “forse il Paese è andato più a destra con un governo cosiddetto di sinistra che con i governi che si dicevano di destra”.
Bum!
Di certo colpisce leggere simili parole su una testata di un gruppo non certo massimalista, che per quanto aperto e spesso interessante, è stato ingranaggio portante del meccanismo che oggi Gilioli indica con malcelato disprezzo. La Repubblica è stata in prima linea nel bombardamento di intercettazioni e supposizioni che hanno (finalmente) fatto fuori Berlusconi e gettato tutti noi, nostro malgrado, nel delirio che ha portato a Monti, Letta e infine Renzi.
Ma quello che dice Gilioli oggi è precisamente ciò che da almeno 10-15 anni, forse di più, hanno detto tutt* coloro che hanno abbandonato i partiti di sinistra, soprattutto Rifondazione e le sue strampalate strategie che hanno portato la falce e martello invariabilmente a sostegno dei più impresentabili colonnelli destroidi. Personalmente sono stato un ritardatario, per cui non pratico nessun autocompiacimento nel dire: ci voleva poi tanto a capirlo?
Non ci voleva un genio per capire in quale direzione si stava andando. Riforme della scuola, dell’università, del lavoro, leggi anti-migranti e partecipazioni del tutto acritiche a missioni di guerra all’estero sono tra gli highlights dei governi “chelidevivotaresenovincebberlushconi”. Mentre un territorio sempre più mangiato dal cemento e ucciso dall’inquinamento, un panorama culturale desolante e avvilente, tangenti e corruzione a tutti i livelli, ordine pubblico gestito con la stessa violenza di sempre e razzismo in crescita esponenziale, sono tra le caratteristiche di uno Stato, quello italiano, che negli ultimi 20 anni ne ha visti circa una decina con i governi di cui sopra. Senza contare, poi, le innumerevoli e preponderanti esperienze di amministrazione locale, tradizionale specialità di casa della “sinistra” e oggi incolore sede per periodici test elettorali e gradino di un cursus honorum sempre più sciocco e avulso dalla realtà.
Non è certo colpa nostra se la politica stessa è cambiata radicalmente e globalmente negli ultimi 20 anni; ma la ‘nostra colpa’ è stata quella di aver alimentato una speranza malata, quella di vedere tutti i nostri problemi risolti vincendo le elezioni.
Vedere queste parole e questi concetti, che un tempo segnalavano fastidioso marxismo-leninismo o inverecondo anarchismo, espressi da ‘borghesissimi’ personaggi, in un certo senso colpisce e stupisce. Non solo ci si chiede quale sarà l’obiettivo a breve o lungo termine di questo parziale ammutinamento anti-renziano, ma nel vedere tutta questa gente seduta dalla parte del torto il disagio è naturale. Ma c’è una grande differenza tra chi si è fermato in attesa del nuovo messia e chi si è definitivamente liberato da questa malattia chiamata speranza, tra chi è pronto a essere deluso da Civati e Landini e chi costruisce l’alternativa a partire da sé stess@.
Del resto non ci vuole un genio neanche per rendersi conto che la politica elettorale ‘non basta’, ché in qualche modo tutt* sono consapevoli del fatto che bisogna lavorare sul territorio, costruire le lotte, essere presenti eccetera. Invece, forse è arrivato il momento di chiedersi se la politica elettorale non sia dannosa, corrompente, devastante e quindi non supporto ma ostacolo.
Indipendentismo, democrazia e rapporti di potere nell’Unione Europea: cenni sparsi
Possiamo ammettere, senza necessariamente concedere, ma anche senza timore di dire un’enormità, che la dimensione dello Stato-nazione sia stata ottimale, in un certo periodo storico, per garantire la scala adatta a favorire e sostenere il benessere dei cittadini. In un mondo in cui i rapporti internazionali erano regolati in modo ‘naturale’, solo il possesso di una certa forza geopolitica poteva probabilmente essere in grado di reggere il confronto e l’eventuale urto con gli altri Paesi. In altre parole, in mancanza di uno schema istituzionale di governance internazionale, piccole entità territoriali, come ad esempio una Sardegna indipendente dall’Italia, avrebbero rischiato di finire schiacciate e inglobate in modo forse ancora più invasivo da soggetti dotati di un’economia e di una forza geopolitica maggiore.
Detto questo, non si può ignorare che l’integrazione europea abbia modificato in modo sostanziale questo scenario. Non solo ad oggi i soggetti regionali hanno la possibilità di rapportarsi direttamente (pur se in modo parziale) con un centro amministrativo capace di fornire risorse finanziarie, ma anche giuridiche e in parte politiche alternative a quelle di cui lo ‘Stato patrigno’ ha avuto l’esclusiva per lungo tempo; di più, l’appartenenza a un’entità di scala ben più ampia consentirebbe a territori come la Sardegna (ma anche la Corsica e tante altre ‘nazioni senza Stato’) di sopravvivere e affiancare a un’eventuale sovranità formale anche una discreta autonomia concreta. Non si tratta tanto della rivendicazione di un’identità nazionale, concetto mutevole e senz’altro pericoloso, quanto di assecondare la tendenza decostruzionista già presente nel processo stesso di integrazione europea.
Femminismo: la prospettiva di un anarchico
Traduzione (mia) dell’articolo di Pendleton Vandiver, “Feminism: a male anarchist’s perspective“, letto su The Anarchist Library.
“Io stessa non ho mai capito cosa sia il femminismo: so solo che mi chiamano femminista quando esprimo sentimenti che mi differenziano da uno zerbino”
Rebecca West, The Clarion 1913
Frigoriferi ve ne abbisognano?
I dati delle primarie di ieri – 51 mila votanti, perfino meno delle 55 mila firme raccolte dai 5 candidati, e corrispondenti al 3,4 per cento degli elettori sardi – dimostrano chiaramente che la politica, senza l’acteur dramatique, diventa come la proverbiale vendita di frigoriferi agli eschimesi.
Trasponsonic, ultima parte
Trasponsonic,
l’entusiasmo della critica.
Contando una dozzina circa di entità musicanti, dalle più variate abitudini sonore/musicali, agenti singolarmente o in gruppo, la Trasponsonic vanta ad oggi una cinquantina di pubblicazioni sonore, un vasto ed eterogeneo catalogo al cui interno come vedremo, convivono opere di varia natura.
Trasponsonic: Intervista a M. S. Miroslaw
Trasponsonic,
Intervista a Mirko Santoru (M.S. Miroslaw)
Nasprias, territorio di Macomer 9-6-2012
Intervista all’associazione in#C di Borore
Un’altra splendida inchiesta, stavolta in forma di mail-intervista, di Phlebas il Fenicio su un’altra realtà eccezionale del nostro territorio.
Cosa faresti se ti invitassi ad un festival di musica giapponese d’avanguardia a Borore, in provincia di Nuoro?
Penso che per prima cosa mi prenderesti per pazzo o penseresti ad una burla, un comico accostamento di due realtà totalmente agli antipodi: il Giappone delle avanguardie tecniche e culturali e Borore, centro rurale della Sardegna e realtà legata al mondo agro pastorale.
Oppure.. sai già tutto di in#C, l’associazione culturale promotrice di una musica certamente “diversa” da quella che usualmente si ascolta e produce nel centro Sardegna.
Maschi e femmine
Un post stupido, generico, magari superficiale, che parla dei maschi e delle femmine. E, nello specifico, dell’essere maschio. E’ difficile scrivere di ciò, perché il timore è sempre quello di trovare un genio che ti dice “ma le donne sono tutte troie”, o una femminista dalla cultura immensa che ti massacra concettualmente. Il che è probabile, perché dal punto di vista delle “questioni di genere”, sono veramente ignorante.